Un semplice messaggio di saluto nasconde un elaborate schema criminale che non solo svuota i conti, ma rende inconsapevolmente complici della truffa
“Salve, posso parlarle un attimo?” Dietro questa formula di cortesia apparentemente innocua si nasconde l’ultima sofisticata truffa digitale che sta dilagando su WhatsApp, colpendo indiscriminatamente utenti di tutte le età e condizioni sociali. Le autorità di polizia postale hanno lanciato un alert nazionale dopo aver registrato un preoccupante aumento delle segnalazioni. Oggi ne vorremmo fare oggetto di educazione finanziaria.
Il meccanismo del “Money Muling”: quando le vittime diventano complici
La strategia criminale, tecnicamente definita “Money Muling”, segue un copione collaudato ma diabolicamente efficace. Tutto inizia con un messaggio WhatsApp da un numero sconosciuto, spesso con prefisso indiano o di altri paesi esteri, che propone una conversazione educata e professionale. Il truffatore, fingendosi rappresentante di una società legittima, presenta un’offerta di lavoro part-time apparentemente irresistibile: guadagni elevati per compiti semplicissimi come mettere “mi piace” a video YouTube, seguire profili Instagram o scrivere recensioni positive.
“Il punto di forza di questa truffa è la sua apparente banalità”, spiega Marco Ferretti, esperto di cybersicurezza dell’Università di Perugia. “I criminali sfruttano la crisi economica e la ricerca di entrate extra per adescare le vittime con proposte che sembrano troppo belle per essere vere, ma non impossibili”.
La fase dell’adescamento: i soldi “puliti” di altre vittime
Una volta conquistata l’attenzione della vittima, i truffatori dimostrano la “serietà” del loro business attraverso piccoli pagamenti iniziali. Vengono effettivamente corrisposti 3-5 euro per ogni like o interazione richiesta, ma qui si nasconde l’aspetto più perverso del sistema: questi pagamenti non arrivano dai truffatori, ma da altre vittime della stessa truffa.
Il meccanismo del Money Muling funziona infatti come un circolo vizioso dove i soldi versati dalle nuove vittime vengono utilizzati per pagare quelle precedenti, creando l’illusione di un business legittimo e funzionante. Questa fase può durare alcuni giorni, durante i quali la vittima accumula piccole somme che vengono puntualmente versate su portafogli di criptovalute appositamente creati.
“È la classica strategia dell’amo”, commenta la dottoressa Laura Bianchi, psicologa esperta in truffe online. “I criminali investono piccole somme per generare un senso di sicurezza che porterà le vittime a investimenti molto più consistenti”.
L’escalation verso la truffa vera e propria
Conquistata la fiducia, arriva la proposta dei “pacchetti VIP”: investimenti che vanno dalle decine alle centinaia di euro, con la promessa di moltiplicare i guadagni. Questi pacchetti vengono presentati come opportunità esclusive per accedere a lavori più remunerativi, con la garanzia di rimborso e profitti sostanziosi.
La vittima, ormai convinta della bontà dell’operazione dai primi pagamenti ricevuti, accetta di investire somme sempre maggiori. I livelli VIP possono arrivare fino a 700-800 euro, presentati come l’investimento finale per accedere ai “lavori premium” più redditizi.
Il finale amaro: la sparizione e i rischi nascosti
Una volta ricevuto l’ultimo e più consistente pagamento, i truffatori scompaiono completamente. Numeri di telefono disattivati, profili WhatsApp cancellati, portafogli di criptovalute svuotati. Le vittime si ritrovano con perdite economiche significative e nessuna possibilità di recupero.
Ma i danni non si fermano alla perdita economica. Partecipando a queste dinamiche, le vittime diventano inconsapevolmente complici del sistema criminale. I movimenti di denaro sospetti possono attivare i sistemi di controllo bancario, portando alla sospensione temporanea o definitiva dei conti correnti delle vittime.
“Molte persone non si rendono conto che diventeranno parte di una rete di riciclaggio di denaro sporco”, avverte il commissario Alessandro Rossi della Polizia Postale di Perugia. “Anche se in buona fede, questi comportamenti possono avere conseguenze legali e finanziarie durature”.
I segnali d’allarme a non sottovalutare
Gli esperti identificano diversi campanelli d’allarme che dovrebbero insospettire gli utenti:
Approccio iniziale generico: messaggi che non contengono informazioni specifiche sulla persona contattata o su come abbiano ottenuto il numero di telefono.
Promesse di guadagni sproporzionati: compensi elevati per attività banali rappresentano sempre un segnale di pericolo.
Richiesta di pagamenti anticipati: qualsiasi richiesta di investimento o anticipo per accedere a opportunità lavorative deve essere considerata sospetta.
Pressione temporale: i truffatori spesso creano un senso di urgenza per spingere le vittime a decisioni affrettate.
Comunicazione esclusivamente via WhatsApp: aziende legittime utilizzano canali di comunicazione ufficiali e trasparenti.
Coinvolgimento in trasferimenti di denaro: qualsiasi attività che richieda di ricevere e trasferire denaro per conto terzi rappresenta un chiaro segnale di Money Muling.
Le contromisure consigliate
La prevenzione rimane l’arma più efficace contro questo tipo di crimini. Gli esperti raccomandano di non rispondere mai a messaggi WhatsApp da numeri sconosciuti che propongono opportunità lavorative non richieste.
“La regola d’oro è semplice”, conclude il commissario Alessandro Rossi della Polizia Postale di Perugia. “Se un’offerta sembra troppo bella per essere vera, probabilmente è una truffa. Nessuna azienda seria offre lavori ben pagati attraverso messaggi WhatsApp casuali”.
In caso di contatto sospetto, è fondamentale non fornire mai dati personali, bancari o documenti di identità. La segnalazione alle autorità competenti attraverso il commissariato di Polizia online può contribuire a fermare i criminali e proteggere altri potenziali vittime.
Un fenomeno in crescita
I dati della Polizia Postale mostrano un incremento del 300% di questo tipo di truffe negli ultimi sei mesi, con danni complessivi stimati in milioni di euro. Il fenomeno colpisce particolarmente persone in cerca di lavoro, studenti universitari e individui in difficoltà economiche.
Le indagini internazionali hanno rivelato che molte di queste operazioni criminali hanno origine in paesi con controlli meno stringenti sulle telecomunicazioni, rendendo complesse le attività di contrasto e identificazione dei responsabili.
La sensibilizzazione e l’educazione digitale rappresentano quindi strumenti fondamentali per proteggere i cittadini da queste nuove forme di criminalità che sfruttano la tecnologia per colpire la fiducia e la buona fede delle persone.
Per segnalazioni di truffe online: www.commissariatodips.it