L’Ape Sociale 2025 rappresenta una misura di accompagnamento alla pensione particolarmente importante per coloro che si trovano in condizioni di difficoltà lavorativa e sociale. Tra i beneficiari di questa misura rientrano i cosiddetti disoccupati di lungo corso, ai quali la normativa riserva una tutela mirata per facilitare l’uscita anticipata dal mondo del lavoro.
Cos’è l’Ape Sociale 2025 e a chi spetta
L’Ape Sociale è un’indennità erogata dallo Stato che consente a determinate categorie di lavoratori in condizione di disagio di accedere a un trattamento economico temporaneo, fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia. Attualmente, l’accesso è possibile a partire dai 63 anni e 5 mesi di età, con requisiti contributivi variabili in base alla categoria di appartenenza.
Tra i beneficiari vi sono:
- caregiver familiari
- lavoratori invalidi civili con percentuale pari o superiore al 74%
- addetti a mansioni gravose o usuranti
- disoccupati di lungo corso, oggetto del nostro approfondimento
I requisiti per i disoccupati di lungo corso
Per questa categoria, oltre al requisito anagrafico di 63 anni e 5 mesi, è necessario possedere un’anzianità contributiva di almeno 30 anni. È prevista una riduzione del requisito contributivo per le donne: uno sconto di 12 mesi per ogni figlio, fino a un massimo di due anni. Pertanto:
- Donne con due o più figli possono accedere con 28 anni di contributi
- Donne con un figlio con 29 anni
- Tutti gli altri devono comunque soddisfare il requisito ordinario dei 30 anni
Ma la condizione più rilevante è rappresentata dalla qualifica di disoccupato involontario.
Cosa si intende per disoccupazione involontaria?
Secondo la normativa vigente, rientrano tra i disoccupati di lungo corso:
- coloro che sono stati licenziati, anche per giusta causa
- coloro che hanno rassegnato le dimissioni per giusta causa, ad esempio in caso di mobbing, mancato pagamento dello stipendio, variazione peggiorativa delle mansioni
- lavoratori che hanno concluso il rapporto mediante risoluzione consensuale nell’ambito della procedura obbligatoria di conciliazione (art. 7 della Legge 604/1966), tipica nei casi di licenziamento collettivo
- a partire dal 2018, anche coloro che hanno terminato un contratto a tempo determinato, purché possano dimostrare di aver svolto almeno 18 mesi di lavoro subordinato nei 36 mesi precedenti la domanda
Tutti questi casi rientrano nella fattispecie della disoccupazione involontaria.
Il nodo della NASpI: è sempre necessaria?
Per lungo tempo, l’INPS ha interpretato la normativa nel senso che la fruizione integrale della NASpI (l’indennità di disoccupazione ordinaria) fosse condizione necessaria per poter accedere all’Ape Sociale come disoccupato. In altri termini: il lavoratore doveva aver terminato di percepire l’intera durata dell’indennità prima di presentare domanda di Ape.
Tuttavia, un importante intervento della Cassazione, con una sentenza di settembre 2024, ha messo in discussione questa interpretazione restrittiva. Secondo i giudici, la mancata fruizione della NASpI non preclude l’accesso all’Ape Sociale, a patto che:
- il lavoratore si trovi effettivamente in stato di disoccupazione involontaria
- la cessazione del rapporto di lavoro rientri in una delle cause previste dalla normativa (licenziamento, risoluzione consensuale, dimissioni per giusta causa)
Questo orientamento apre un’importante via di accesso per molti lavoratori che, pur avendone diritto, non avevano richiesto la NASpI per ragioni varie (mancata informazione, decadenza dei termini, valutazioni soggettive).
La posizione dell’INPS: in attesa di aggiornamenti
Ad oggi, l’INPS non si è ancora ufficialmente adeguata all’interpretazione della Corte di Cassazione. In sede amministrativa, l’Istituto continua a richiedere la prova dell’integrale fruizione della NASpI, e in mancanza di essa, le domande di Ape Sociale vengono respinte.
Questa discrepanza tra giurisprudenza e prassi amministrativa rischia di generare un’ondata di ricorsi e contenziosi, soprattutto da parte di coloro che si sono visti rifiutare la domanda per mancanza della NASpI.
Un altro chiarimento giurisprudenziale: la NASpI va esaurita
La stessa sentenza della Cassazione ha chiarito un ulteriore aspetto: se il lavoratore ha iniziato a percepire la NASpI, allora deve completarne l’intera durata prima di accedere all’Ape Sociale. In altre parole, chi ha richiesto la disoccupazione deve attendere la fine dell’indennità prima di potersi rivolgere all’INPS per la misura di accompagnamento alla pensione.
Questo principio sembra confermare che l’importante, ai fini del diritto all’Ape Sociale, è lo stato di disoccupazione e non tanto l’effettiva fruizione della NASpI, purché si agisca in coerenza con la propria posizione.
Ricapitolando…
L’Ape Sociale per i disoccupati di lungo corso costituisce una risorsa preziosa nel panorama delle misure previdenziali italiane. Tuttavia, la complessità dei requisiti, le interpretazioni divergenti tra INPS e giurisprudenza, e l’evoluzione normativa rendono essenziale una verifica attenta della propria posizione.
Per i lavoratori disoccupati involontari è quindi fondamentale:
- comprendere con esattezza le cause di cessazione del rapporto ammesse
- documentare correttamente il proprio stato di disoccupazione
- valutare, con il supporto di un esperto, se e quando sia opportuno presentare la domanda
- considerare eventuali ricorsi in caso di rifiuto immotivato da parte dell’INPS
Un’attenta pianificazione previdenziale, basata su informazioni aggiornate e orientamenti giurisprudenziali può fare la differenza tra l’accesso a un diritto legittimo e la sua perdita.