Contributi non versati dal datore di lavoro: cosa fare per recuperarli e tutelare la propria pensione

Contributi non versati dal datore di lavoro? Scopri come recuperarli e tutelare la pensione: errori formali, omissioni contributive, prescrizioni, riscatto e rendita vitalizia. Una guida pratica per agire subito e non perdere diritti previdenziali preziosi.
Uomo in ufficio che controlla documenti e buste paga con espressione preoccupata, simbolo dei contributi non versati dal datore di lavoro

Uno dei problemi più frequenti che i lavoratori si trovano ad affrontare, soprattutto in prossimità della pensione, riguarda la mancanza di contributi previdenziali all’interno dell’estratto conto contributivo INPS. La domanda è comune e più che legittima: “Se il datore di lavoro non ha versato i miei contributi, posso fare qualcosa?”

La risposta è: dipende dalla situazione specifica. Esistono infatti due casi ben distinti che occorre considerare attentamente, perché le modalità di intervento e le possibilità di recupero cambiano profondamente.

1. Mancanza di contributi per errore formale

Nel primo caso, può trattarsi semplicemente di un errore di trascrizione o di un’anomalia amministrativa: ad esempio, un codice fiscale errato, un’errata comunicazione aziendale o una discrepanza nei flussi dichiarativi.

In queste situazioni, è possibile procedere con una segnalazione contributiva all’INPS, allegando documentazione a supporto, come ad esempio:

  • copie delle buste paga
  • i modelli F24 che dimostrano il versamento dei contributi da parte del datore di lavoro
  • eventuali contratti di lavoro o CUD.

Questa procedura è gratuita per il lavoratore e, se correttamente documentata, consente all’Istituto di regolarizzare la posizione contributiva in tempi ragionevoli, anche se può essere necessario insistere per superare eventuali resistenze burocratiche.

2. Contributi mai versati dal datore di lavoro

Più complessa è la situazione in cui il datore di lavoro non ha mai versato i contributi dovuti, pur avendo il lavoratore regolarmente prestato la propria attività.

In questo caso, i contributi risultano del tutto assenti dall’estratto conto e la segnalazione semplice non basta: è necessario attivare un procedimento diverso e più articolato.

Il primo elemento da valutare è il termine di prescrizione:

  • i contributi si prescrivono in 5 anni, salvo che non sia intervenuta una denuncia formale all’INPS da parte del datore di lavoro: in tal caso, il termine si estende a 10 anni dalla data della denuncia;
  • una volta trascorsi questi termini, l’INPS non potrà più pretendere il versamento dal datore di lavoro e neppure il lavoratore potrà richiederli in sede amministrativa.

In altre parole, dopo la prescrizione, l’onere del recupero passa interamente in capo al lavoratore, che potrà comunque agire in giudizio contro l’ex datore di lavoro per ottenere un risarcimento, entro i limiti temporali previsti dalla legge civile.

3. Il riscatto e la costituzione di rendita vitalizia

Se i contributi risultano definitivamente persi per inadempienza del datore di lavoro, e sono ormai prescritti, il lavoratore può comunque ricostruire la propria posizione assicurativa attraverso una delle seguenti modalità:

  • il riscatto dei periodi scoperti, a proprie spese;
  • la costituzione di una rendita vitalizia ex art. 13 della Legge 1338/1962, che consente di ottenere un accredito contributivo mediante il versamento diretto all’INPS di una somma commisurata alle retribuzioni percepite in quel periodo.

Questa soluzione, tuttavia, è onerosa e richiede requisiti precisi, a partire da un rigoroso onere della prova: il lavoratore deve dimostrare di aver effettivamente prestato attività lavorativa per il periodo per cui si chiede l’accredito.

L’INPS accetta solo documentazione redatta all’epoca dei fatti, con data certa:

  • contratti di lavoro originali
  • libretti di lavoro
  • buste paga
  • comunicazioni aziendali autenticate
  • eventuali attestazioni rilasciate da enti terzi (es. enti bilaterali, casse edili, etc.).

Non sono invece considerati validi documenti redatti in tempi recenti, come autocertificazioni o lettere redatte “ora per allora” dal datore di lavoro.

Le testimonianze orali, inoltre, hanno valore solo integrativo e non possono sostituire la documentazione principale.

Come agire?

Per procedere con la costituzione di rendita o con il riscatto, è necessario rivolgersi all’INPS e presentare una domanda corredata da tutta la documentazione disponibile.

L’Istituto esaminerà il caso e comunicherà l’importo da versare per ottenere il riconoscimento del periodo mancante.

Sebbene si tratti di una procedura onerosa, in molti casi può rivelarsi fondamentale per:

  • raggiungere prima il diritto alla pensione (es. pensione anticipata)
  • aumentare l’importo della pensione futura
  • evitare contributi silenti che non producono alcun effetto previdenziale

In sintesi

Quando ci si accorge che mancano dei contributi nella propria posizione INPS, è importante non perdere tempo e agire tempestivamente:

  • Verificare se si tratta di un errore formale o di un omesso versamento.
  • Conservare e recuperare tutta la documentazione originale relativa al rapporto di lavoro.
  • ttivare tempestivamente le procedure di segnalazione o di riscatto, anche con l’aiuto di consulenti previdenziali esperti.

In ogni caso, anche se il datore di lavoro ha mancato ai suoi obblighi, il lavoratore non è mai completamente privo di tutele: conoscere le opzioni disponibili consente di non rinunciare a diritti preziosi e salvaguardare il proprio futuro previdenziale.

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