Una crescita fragile, ma presente
I dati ufficiali diffusi dall’ISTAT a inizio anno confermano una crescita del PIL italiano prevista intorno all’1,1% per il 2025, un dato positivo se confrontato con i timori recessivi del biennio precedente, ma ben lontano dai ritmi di espansione necessari per recuperare pienamente il terreno perso durante la crisi pandemica.
Le principali componenti della crescita sono:
- Export ancora sostenuto, trainato dalla domanda statunitense e asiatica, sebbene più debole rispetto agli anni record;
- Investimenti privati in tenuta, grazie ai fondi residui del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) e a incentivi riformati sulla transizione digitale e green;
- Consumi interni in lieve ripresa, frenati però dall’inflazione ancora sopra la soglia di comfort e da un mercato del lavoro che pur mostrando segnali positivi, resta caratterizzato da precarietà diffusa.
Tuttavia, il quadro complessivo è minato da incognite strutturali che impediscono al Paese di trasformare la ripresa in crescita robusta.
Le fragilità strutturali irrisolte
L’Italia resta zavorrata da alcune criticità storiche:
- Bassa produttività rispetto alla media europea;
- Elevato debito pubblico, che limita i margini di manovra fiscale;
- Demografia negativa, con un invecchiamento della popolazione che impatta sia sulla forza lavoro sia sulla sostenibilità del welfare;
- Gap infrastrutturale tra Nord e Sud, che frena lo sviluppo omogeneo del Paese;
- Lentezza della burocrazia e incertezza regolatoria, che scoraggiano gli investimenti esteri diretti.
A queste si aggiunge la difficoltà di molte PMI di accedere a fonti di finanziamento competitive, elemento che rischia di accentuare la polarizzazione tra imprese resilienti e imprese marginali.
Le opportunità da cogliere
Nonostante tutto, l’Italia ha a disposizione leve strategiche che, se ben utilizzate, possono rafforzarne la resilienza:
- PNRR 2.0: La seconda fase di utilizzo dei fondi europei può ancora stimolare investimenti infrastrutturali, digitali ed energetici cruciali.
- Rilancio della manifattura avanzata: Settori come automazione industriale, energia green, biotecnologie e materiali innovativi offrono opportunità di riposizionamento competitivo a livello globale.
- Economia della conoscenza: Università, centri di ricerca e start-up innovative stanno crescendo, anche grazie a nuovi schemi di venture capital e incentivi all’innovazione.
- Turismo e cultura: La valorizzazione intelligente del patrimonio culturale e paesaggistico continua a rappresentare un asset anticiclico di valore.
- Transizione energetica: Il passaggio verso fonti rinnovabili e tecnologie a basse emissioni di carbonio sta creando nuove filiere industriali e opportunità di investimento.
Il bivio italiano
L’economia italiana nel 2025 non è ferma, ma il suo ritmo di marcia è troppo lento per garantire, da solo, un salto qualitativo.
La resilienza c’è: la capacità di adattarsi, reinventarsi, resistere agli shock esterni è reale, frutto di un tessuto imprenditoriale dinamico e capace.
Ma il rischio di stagnazione a bassa crescita resta concreto, soprattutto se non verranno risolte rapidamente le criticità strutturali che soffocano la produttività e gli investimenti.
Serve visione. Serve coraggio. Serve una politica economica che investa sul lungo termine, non solo sulla gestione dell’emergenza.
L’Italia ha ancora tutte le carte in regola per essere protagonista nel nuovo scenario globale, ma deve saperle giocare con determinazione.
La sfida è aperta.