Nessuna potenza economica matura dovrebbe lasciarsi trascinare nel gioco delle tre carte di un leader che scambia il caos per strategia.
Eppure, questo è esattamente ciò che sta accadendo tra Stati Uniti ed Europa. Donald Trump – oggi di nuovo alla Casa Bianca – ha imposto una nuova ondata di dazi punitivi, cambiando le regole ogni cinque minuti, trasformando la politica commerciale globale in un’arena di capricci e tweet. Ma il vero scandalo non è tanto l’imprevedibilità americana, quanto la prevedibilità europea: l’inclinazione a negoziare col cappello in mano, mendicando eccezioni e sconti su tariffe che non avremmo mai dovuto accettare in primo luogo.
Non mi scandalizza il protezionismo in sé – ogni nazione ha il diritto di difendere i propri interessi strategici. Ma mi scandalizza l’assenza di visione. Perché, mentre Trump fa ammuina e alza la polvere per distrarre tutti, noi europei continuiamo a giocare la partita di ieri, quando potremmo riscrivere il campionato di domani.
Il caos come arma e come opportunità
Trump ha capito una cosa che i leader europei sembrano ignorare: l’incertezza è potere. Invertendo le regole ogni settimana, ottiene due risultati: destabilizza i mercati e costringe i partner a correre a Washington per chiedere chiarezza. È la versione commerciale del divide et impera.
Paul Krugman lo direbbe così: il commercio internazionale non è più un gioco a somma positiva regolato da norme condivise, ma un’arena dove l’asimmetria di potere viene esibita e monetizzata. E Dani Rodrik aggiungerebbe che questa è la logica estrema di una globalizzazione “non gestita”: quando le regole saltano, chi ha il potere scrive i nuovi standard – e chi non ce l’ha, subisce.
Ma proprio qui sta la nostra occasione. L’Europa può trasformare questa crisi in un atto fondativo. Invece di chiedersi “come limitiamo i danni?”, dobbiamo chiederci “come usiamo questa frattura per ridisegnare il nostro destino economico?”. È il momento di passare dalla difesa all’attacco, dall’essere junior partner all’essere potenza autonoma.
Sette mosse per un’Europa adulta
- Coalizione globale anti‑dazi. Canada, Giappone, Corea, Messico, Brasile: tutti colpiti dalle stesse misure americane. Un fronte comune può diventare il nucleo di un nuovo ordine commerciale multipolare, più resiliente e meno centrato su Washington.
- Dazi chirurgici, non isterici. Colpire i prodotti che contano politicamente per Trump – la soia del Midwest, il bourbon del Kentucky, le Harley‑Davidson del Wisconsin – e non quelli che colpiscono i nostri stessi consumatori.
- Eurobond per la resilienza. Usare questa crisi per fare finalmente il salto verso una politica fiscale comune: titoli europei per finanziare imprese colpite e investimenti strategici, rafforzando coesione e autonomia.
- Rilocalizzazione intelligente. Non un ritorno autarchico, ma un’accelerazione verso catene di valore integrate in Europa e nei paesi partner più affidabili. La lezione di Schumpeter: la distruzione creatrice può generare nuove industrie se guidata, non subita.
- Tecnologie sovrane. IA, semiconduttori, energie rinnovabili: tre pilastri per sottrarci alla dipendenza strategica. Creiamo campioni europei come Airbus, ma nei settori del futuro.
- Soft power normativo. Mentre gli USA giocano al caos, l’Europa deve diventare sinonimo di stabilità: regole trasparenti, mercati aperti, transizione verde credibile. Questo attirerà capitali e talenti in fuga dall’incertezza americana.
- Narrazione di emancipazione. Dobbiamo parlare ai nostri cittadini: spiegare che questo non è un conflitto commerciale “tra giganti” ma l’occasione per dare finalmente senso alla parola “Unione”. Se non ora, quando?
Dal junior partner alla potenza normativa
L’Europa ha passato settant’anni ad accettare regole scritte altrove – a Washington o a Wall Street. È stato comodo, talvolta persino vantaggioso. Ma quel mondo non esiste più. Gli Stati Uniti hanno scelto la strada del nazionalismo economico, la Cina gioca la propria partita di lungo periodo e la globalizzazione che conoscevamo è finita.
Ci restano due strade: continuare a implorare esenzioni dai dazi di chi alza i muri, oppure scrivere noi stessi le regole del gioco. Questo richiede coraggio politico, visione industriale, e la capacità di parlare con una sola voce – qualità che finora l’Europa ha mostrato a intermittenza. Ma la posta in gioco non è mai stata così alta.
La Suez del XXI secolo
La crisi di Suez del 1956 segnò la fine dell’impero britannico e l’ascesa dell’ordine americano. I dazi di Trump potrebbero diventare la Suez dell’Unione Europea: l’occasione per capire che il mondo è cambiato e che la nostra sopravvivenza economica dipende solo da noi. Il caos può essere paralizzante, ma può anche essere creativo. Sta a noi decidere se subirlo o governarlo.
Scheda strategica
La reazione europea ai dazi USA
Contesto
- Nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti (Trump) su oltre 60 paesi, inclusa l’UE (fino al 41%, ridotti al 15% dopo accordo preliminare).
- Strategia USA basata su caos negoziale, mosse imprevedibili e “divide et impera”.
- Rischio di subordinazione europea se la risposta resta puramente difensiva.
Visione Proattiva
Pensare oltre la riduzione del danno: usare la crisi per riformare, integrare e rafforzare l’autonomia europea.
Pilastri Strategici
1. Riconfigurare le catene del valore
- Diversificare mercati (Asia, Africa, America Latina).
- Ridurre dipendenza da export verso USA.
- Investire in supply chain interne e mercati emergenti.
2. Caos contro caos (asimmetria controllata)
- Dazi mirati su settori simbolici USA (agroalimentare, motociclette).
- Ambiguità strategica: alternare apertura e minaccia di ritorsione.
3. Multilateralismo radicale
- Coalizione anti‑dazi con Canada, Giappone, Corea, Messico.
- Creare un “mercato alternativo” al WTO paralizzato.
- Eurobond commerciali per sostenere esportazioni UE.
4. Soft power e capitale istituzionale
- Presentarsi come porto sicuro per capitali e contratti globali.
- Attrarre investitori stanchi dell’instabilità americana.
- Narrazione pubblica: i dazi USA danneggiano i consumatori americani.
5. Riforma e rilancio industriale
- Fondo sovrano europeo per AI, energia, semiconduttori, biotech.
- Rilocalizzazione strategica di produzioni critiche.
- Politiche industriali comuni stile “Airbus per più settori”.
6. Leva tecnologica
- Limitazioni selettive su export di componenti high-tech cruciali per USA.
- Sfruttare dipendenza USA da know‑how europeo (automazione, farmaceutica).
7. Narrativa e nudge
- Campagna coordinata per influenzare opinione pubblica USA.
- Mobilitare corporate America contro i dazi (lobbying indiretto).
Azioni a breve
- Mappare settori sensibili USA e pianificare dazi mirati.
- Coalizione internazionale dei paesi colpiti per negoziato multilaterale.
- Comunicazione strategica per cambiare il framing mediatico globale.
- Piano di investimenti comuni in tecnologie e supply chain UE.
Benefici attesi
- Riduzione dipendenza dal mercato USA.
- Maggiore coesione interna UE.
- Posizionamento come attore “adulto” nel nuovo ordine commerciale.
- Opportunità di leadership globale post-crisi.
Rischi
Necessità di superare inerzia politica interna.
Reazioni ritorsive USA a breve termine.
Difficoltà di coordinamento tra Stati membri UE.