Servono consulenti finanziari. Reali e non virtuali. Subito e nell’arco di qualche anno. Certo, la new economy è la nuova frontiera, ma la old non è affatto tramontata, almeno nel nostro settore. L’età media dei professionisti del risparmio, però, è molto elevata, 52 anni circa. Non manca la domanda, al contrario, è in decisa crescita, è l’offerta a scarseggiare.
Qual è il ritratto del consulente finanziario del XXI secolo e quali competenze sono richieste oggi al business advisor, come noi preferiamo chiamarlo?
Prima occorre fare un passo indietro. Un tempo era tutto chiaro ed inequivocabile. L’assicuratore si occupava di proteggere persone, abitazioni ed imprese dai rischi della vita. Il bancario, al di là dello sportello, si divideva tra versamenti, prestiti e compravendita di titoli. Due universi paralleli, separati da una netta linea di demarcazione.
Poi quella linea è divenuta meno nitida. L’assicuratore si è avventurato nel campo degliinvestimenti. Il bancario ha cominciato a proporre polizze per la casa e per la previdenza. I confinisi sono sfumati e il vecchio modello è saltato. Ma non è stato un male. Da questo incontro, da questa fusione si potrebbe persino dire, nasce il consulente finanziario e assicurativo moderno: una figura ibrida e multidisciplinare, in grado di muoversi con disinvoltura tra esigenze di tutela, risparmio, investimento.
Non è più un venditore, né un semplice distributore di prodotti. È un professionista ad alto valore aggiunto, un catalizzatore di fiducia, cultura e benessere. Dispone di solide basi teoriche in àmbito finanziario, assicurativo, nonché fiscale e legale. Ed, inoltre, si avvale di una raffinata intelligenza emotiva, indispensabile per instaurare un legame autentico con il cliente.
Perché la tecnica, da sola, non è sufficiente. Come insegna la finanza comportamentale, in numerose circostanze le scelte economiche sono influenzate dalle emozioni, più che dalla logica. L’investitore, spesso insicuro e frastornato, ha necessità di una guida che sappia cogliere i suoi timori, interpretarne i bisogni, orientarlo senza manipolarlo. È qui che il consulente diventa anche psicologo, mediatore, coach.
La capacità di negoziare – nel senso più ampio del termine – è una qualità essenziale. Negoziare significa ascoltare attivamente, osservare attentamente, captare segnali extraverbali. Sintonizzarsi sul vissuto emotivo dell’altro, mostrarsi flessibili, realisti nel suggerire soluzioni concrete e sostenibili. Richiede equilibrio interiore, lucidità sotto pressione, fluidità di pensiero, confidenza in sé stessi. E – perché no? – pure un pizzico di ironia per stemperare le tensioni.
In fondo, il business advisor di oggi e di domani è un esperto di relazioni umane, prima ancora che di mercati. Non più un portatore di performance, né un banale terminale per il collocamento di prodotti bancari ed assicurativi, come accadeva in passato, bensì un propulsore di business a 360 gradi. Abile a costruire percorsi di pianificazione finanziaria personalizzati, a promuovere una forteconsapevolezza economica e aperto al cambiamento. Con una bussola ben presente a tracciare la rotta: un rigoroso senso etico.
Per questo la professione non è per nulla in crisi, anzi. In un’Italia che custodisce oltre 10 trilioni di euro di ricchezza, ma rivela tuttora una scarsa alfabetizzazione finanziaria, il ruolo del consulente è più attuale che mai. Urgono nuove leve, giovani talenti propensi a mettersi in gioco, a padroneggiare strumenti digitali e linguaggi innovativi, senza dimenticare che, in posizione centrale, c’è sempre una persona da ascoltare ed accompagnare.
Il mondo muta ed è in perenne trasformazione. La finanza evolve. Ma la vera consulenza resta un’arte antica: quella di saper negoziare, proteggere e guidare con umanità.