La pensione anticipata per lavoratori precoci rappresenta una delle principali misure di flessibilità in uscita previste dal nostro ordinamento.
È una forma di pensionamento che consente l’accesso alla quiescenza con soli 41 anni di contributi, senza alcun requisito anagrafico, purché siano soddisfatte due condizioni fondamentali:
1. Avere almeno 12 mesi di contributi da effettivo lavoro versati prima del compimento dei 19 anni di età
2. Appartenere a una delle categorie tutelate, ovvero:
- Disoccupati di lungo corso
- Caregiver che assistono da almeno 6 mesi un familiare con disabilità grave
- Invalidi civili con percentuale pari o superiore al 74%
- Addetti a mansioni usuranti, notturne o gravose
Una volta maturati i requisiti e ottenuta la certificazione da parte dell’INPS, il lavoratore può presentare la domanda di pensione anticipata e, in caso di accoglimento, accedere al trattamento.
Ma a questo punto sorge una domanda cruciale, spesso sottovalutata:
“Una volta ottenuta la pensione anticipata precoci, posso tornare a lavorare?”
La risposta è più complessa di quanto sembri e richiede particolare attenzione.
Il vincolo (poco conosciuto) sull’attività lavorativa
Chi ha ottenuto la pensione anticipata in qualità di lavoratore precoce si trova, per un certo periodo, in una condizione particolare:
Non è consentito svolgere alcuna attività lavorativa, né subordinata né autonoma, fino al raggiungimento del requisito previsto per la pensione anticipata ordinaria.
In altri termini, il reddito da pensione anticipata precoci è incompatibile con qualsiasi reddito da lavoro fino a quando non si maturano anche i requisiti per la pensione ordinaria.
A quanto ammonta il periodo di divieto?
Il requisito contributivo per la pensione anticipata ordinaria (2025) è fissato a:
- 41 anni e 10 mesi per le donne
- 42 anni e 10 mesi per gli uomini
Poiché i lavoratori precoci vanno in pensione con 41 anni di contributi + 3 mesi di finestra mobile, il periodo di incompatibilità può arrivare al massimo a:
- 10 mesi per le donne
- 1 anno e 10 mesi per gli uomini
Tuttavia, considerando che la pensione anticipata precoci decorre solo dopo una finestra di 3 mesi, il periodo effettivo di incompatibilità si riduce rispettivamente a 7 mesi e 1 anno e 7 mesi.
In ogni caso, durante questo intervallo temporale è assolutamente vietato lavorare, anche per un solo giorno.
Perché è importante rispettare questo divieto?
La normativa prevede che l’erogazione della pensione anticipata precoci sia subordinata all’assenza di redditi da lavoro durante il periodo che precede il raggiungimento del requisito per la pensione ordinaria.
Anche un solo giorno di attività lavorativa – o un reddito, anche minimo – può determinare la revoca della prestazione da parte dell’INPS.
Ciò comporterebbe la restituzione integrale dell’importo percepito per l’intera annualità in cui si è verificata l’incompatibilità.
Un rischio altissimo, spesso ignorato da chi accede alla misura, che può tradursi in una richiesta di rimborso di migliaia di euro.
Eccezioni e chiarimenti
Diversamente da quanto avviene per altre prestazioni come l’APE Sociale, non è prevista alcuna eccezione, nemmeno per:
- attività lavorativa occasionale;
- lavoro autonomo saltuario o con reddito contenuto;
- incarichi non professionali o collaborazioni saltuarie.
Il divieto è assoluto, e riguarda qualsiasi forma di lavoro retribuito.
La normativa si applica in modo rigido, proprio per evitare un uso distorto o anticipato della prestazione rispetto alle regole generali della pensione ordinaria.
Quindi…
Se sei un lavoratore precoce che ha ottenuto la pensione anticipata con 41 anni di contributi, devi prestare la massima attenzione ai mesi successivi alla decorrenza della prestazione.
Fino al raggiungimento del requisito contributivo ordinario:
- Non puoi lavorare
- Non puoi generare reddito da lavoro
- Non puoi avviare attività autonome, nemmeno occasionali
Ogni infrazione può comportare la revoca della pensione e l’obbligo di restituzione degli importi ricevuti.
Solo una volta maturato il requisito ordinario (41 anni e 10 mesi o 42 anni e 10 mesi) sarà possibile, in teoria, riprendere un’attività lavorativa, anche se a quel punto l’opportunità andrà valutata in base alla disciplina generale di cumulabilità tra pensione e reddito da lavoro.
In caso di dubbi, è consigliabile rivolgersi a un consulente previdenziale, per evitare errori che possono costare caro.