Integrazione al minimo per le pensioni di invalidità: sentenza storica della Corte Costituzionale

Integrazione al minimo: anziano seduto in attesa in un ufficio INPS mentre consulta documenti relativi a pensioni di invalidità e integrazione al minimo.

La sentenza della Consulta porta con sé una svolta per i “contributivi puri”

La Corte Costituzionale, con una sentenza di inizio luglio, ha considerato illegittimo il divieto all’integrazione al minimo per l’assegno ordinario d’invalidità, spettante al lavoratore che, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, vede diminuita a meno di un terzo la sua capacità di prestare un’attività lavorativa confacente alle proprie attitudini. La pronuncia, identificata come sentenza n. 94 del 2025, pubblicata il 3 luglio 2025, elimina finalmente una disparità che per trent’anni ha penalizzato i lavoratori del sistema contributivo puro.

Il contesto normativo e l’ingiustizia sanata

Il divieto era previsto dalla riforma Dini del 1995, che con l’art. 1, comma 16, della legge n. 335 del 1995, escludeva l’applicabilità delle disposizioni sull’integrazione al minimo alle pensioni calcolate esclusivamente con il sistema contributivo. Questa norma creava una discriminazione inaccettabile: chi rientrava nel regime retributivo o misto poteva accedere all’integrazione al minimo, mentre i “contributivi puri” ne erano esclusi.

La Corte Costituzionale ha ritenuto l’articolo 1 comma 16 della legge lesivo “dell’articolo 3 della Costituzione, con assorbimento della censura relativa all’articolo 38, secondo comma, della Costituzione”, in quanto metteva a rischio chi, prima dell’età prevista per l’assegno sociale, perdesse la capacità lavorativa.

L’impatto economico: chi beneficia e quanto

Importi e beneficiari

L’assegno, se non raggiungerà sulla base dei contributi versati i 603 euro al mese del trattamento minimo, sarà integrato fino al raggiungimento di questa cifra. Più precisamente, nel 2025 l’integrazione al minimo corrisponde a circa 603,39 euro mensili.

Possono beneficiare dell’aumento tutti i titolari di pensioni di invalidità calcolate con il sistema contributivo puro, senza limiti di età. La misura si applica agli assegni ordinari di invalidità destinati a lavoratori la cui capacità lavorativa è ridotta a meno di un terzo e che hanno almeno cinque anni di contributi, di cui tre negli ultimi cinque anni.

Effetti temporali e assenza di arretrati

Un aspetto cruciale della sentenza riguarda la decorrenza degli effetti. In considerazione del fatto che una pronuncia di accoglimento avrebbe determinato un ingente e improvviso aggravio per la finanza pubblica, la Corte ha deciso di far decorrere gli effetti temporali della decisione dal giorno successivo a quello di pubblicazione della sentenza sulla Gazzetta Ufficiale, ovvero dal 10 luglio 2025.

Non sono previsti arretrati per l’aumento delle pensioni di invalidità, probabilmente per motivi di sostenibilità finanziaria e per evitare effetti economici retroattivi. La novità non coprirà gli assegni di questi tre decenni, perché gli effetti avranno decorrenza dal 10 luglio 2025 per evitare un buco nelle casse dello Stato.

Le reazioni del mondo sindacale e politico

Il plauso della CGIL

La pronuncia della Consulta è stata accolta con favore dalla Cgil, il cui responsabile delle politiche previdenziali Ezio Cigna ha voluto ricordare come la previdenza debba rispettare i principi costituzionali di equità, adeguatezza e solidarietà.

Dal punto di vista della CGIL, occorre che l’Inps garantisca l’integrazione al minimo anche per altre prestazioni simili alle pensioni di invalidità, come quelle di inabilità, suggerendo che questa sentenza potrebbe aprire la strada a ulteriori estensioni dei diritti previdenziali.

Rivalutazione 2025 e incrementi paralleli

Adeguamento generale delle prestazioni

Oltre alla novità dell’integrazione al minimo, è importante considerare l’ordinaria rivalutazione annuale delle pensioni. Come reso noto dalla Circolare INPS n. 23 del 28 gennaio 2025, le pensioni e le prestazioni assistenziali riceveranno un ulteriore incremento del +2,2% per il 2025.

La rivalutazione delle pensioni e degli assegni a favore dei cittadini mutilati, invalidi civili, ciechi civili e sordomuti, viene fatta sulla base della perequazione definitiva per l’anno 2024 e della previsione di percentuale di variazione, che è stata determinata in un +4,49% dal 1° gennaio 2025.

Effetto cumulativo sui trattamenti

La nuova pensione è data dalla somma dell’importo integrato al trattamento minimo (circa 603,39 euro nel 2025) più l’incremento percentuale annuale previsto dalla perequazione (2,2% per il 2025), che serve a mantenere il potere d’acquisto rispetto all’inflazione.

Applicazione pratica e procedure INPS

Automatismo dell’applicazione

Dal luglio 2025, l’INPS applicherà automaticamente l’integrazione al minimo senza necessità di ulteriori richieste. Questo aspetto è particolarmente significativo poiché evita ai beneficiari la necessità di presentare domande specifiche, rendendo il riconoscimento del diritto immediato e automatico.

Requisiti di accesso

Per accedere all’integrazione al minimo, i beneficiari devono rispettare specifici limiti reddituali. Il limite di reddito viene stabilito ogni anno e varia in base alla situazione familiare del pensionato e alla data di decorrenza della pensione.

Prospettive future e implicazioni

Una decisione di principio

La Consulta ha sancito un principio fondamentale di equità sociale e tutela della dignità delle persone invalide, eliminando una discriminazione che aveva caratterizzato il sistema previdenziale italiano per tre decenni.

Si tratta di un deciso passo avanti nella tutela delle persone più fragili, che riconosce il diritto all’integrazione al minimo come elemento essenziale della protezione sociale.

Potenziali estensioni

La sentenza potrebbe rappresentare un precedente importante per altre categorie di pensionati del sistema contributivo, aprendo la strada a ulteriori ricorsi e pronunciamenti che potrebbero estendere il principio dell’integrazione al minimo ad altre tipologie di prestazioni previdenziali.

Ricapitolando…

La sentenza n. 94/2025 della Corte Costituzionale rappresenta una svolta storica nel sistema previdenziale italiano, sanando un’ingiustizia che per trent’anni ha penalizzato i lavoratori entrati nel mercato del lavoro dopo il 1995. L’eliminazione del divieto di integrazione al minimo per gli assegni ordinari di invalidità nel sistema contributivo puro costituisce un importante riconoscimento del principio di uguaglianza e del diritto alla dignità sociale.

Pur non prevedendo arretrati per evidenti ragioni di sostenibilità finanziaria, la misura garantisce da subito un miglioramento significativo delle condizioni economiche di migliaia di pensionati invalidi, portando il loro assegno mensile ad almeno 603,39 euro. La decisione rappresenta inoltre un importante precedente che potrebbe influenzare future pronunce in materia previdenziale, orientando il sistema verso una maggiore equità e solidarietà sociale.

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