Periodi mancanti nell’estratto conto contributivo: quali strumenti ha a disposizione il lavoratore per tutelare i propri diritti pensionistici?

Periodi mancanti nell’estratto conto contributivo: quali strumenti ha a disposizione il lavoratore per tutelare i propri diritti pensionistici? Primo piano su calcolatrice e penna posate su un foglio con dati contributivi: simbolo dell’analisi dei periodi mancanti nell’estratto conto previdenziale INPS.

Tra le casistiche che più spesso emergono nel corso di una consulenza previdenziale o di un’analisi approfondita dell’estratto conto contributivo vi è certamente quella relativa all’assenza di periodi lavorativi che il lavoratore ricorda di aver effettivamente svolto.

La domanda è sempre la stessa: “Come posso recuperare quei contributi mancanti? Come posso fare per farmeli riconoscere?”

La risposta, come spesso accade in ambito previdenziale, dipende da diversi fattori, e in particolare da un elemento determinante: quei contributi sono stati effettivamente versati dal datore di lavoro oppure no?

Vediamo quali sono i possibili scenari e le procedure previste.

Se i contributi per il periodo mancante risultano effettivamente versati dal datore di lavoro — ma per motivazioni di carattere tecnico o errori amministrativi non risultano ancora presenti nell’estratto conto INPS — è possibile attivare una procedura di regolarizzazione denominata Segnalazione Contributiva.

Si tratta di una richiesta formale che il lavoratore può presentare direttamente all’INPS attraverso i servizi online dell’Istituto (accessibili con SPID, CIE o CNS), allegando la documentazione probatoria che attesta:

  • l’esistenza del rapporto di lavoro nel periodo interessato
  • l’avvenuto versamento dei contributi da parte del datore di lavoro

Tra i documenti più utili a tal fine rientrano copia delle buste paga, copia del contratto di lavoro, attestazioni dell’avvenuto pagamento dei contributi (F24), certificazioni aziendali.

In questa situazione il lavoratore non è tenuto ad alcun versamento integrativo: la procedura è gratuita, trattandosi esclusivamente della correzione di un errore materiale o di un’omissione imputabile alla gestione dei dati.

Le cause più frequenti di tali errori riguardano, ad esempio errata indicazione del codice fiscale del lavoratore, errori nella comunicazione dei dati contributivi da parte del datore di lavoro, problemi nei flussi UNIEMENS.

Diversa, e certamente più complessa, è l’ipotesi in cui per il periodo lavorato non si riesca a rinvenire alcuna prova dell’avvenuto versamento dei contributi da parte dell’azienda.

In tale situazione, se è possibile dimostrare in modo rigoroso e documentato l’esistenza del rapporto di lavoro, il lavoratore ha comunque a disposizione uno strumento per sanare la posizione contributiva: la costituzione di rendita vitalizia ex art. 13 Legge n. 1338/1962.

Questa procedura consente di recuperare i periodi scoperti, ma prevede un onere economico a carico del lavoratore, che dovrà versare direttamente all’INPS la somma necessaria per coprire i contributi mancanti, maggiorata degli interessi legali.

A seguito delle novità introdotte dal Collegato Lavoro, l’INPS, nella propria circolare illustrativa (48/2025), ha operato una distinzione tra tre diverse ipotesi di costituzione della rendita vitalizia, come di seguito dettagliato:

  • art. 13, comma 1, legge n. 1338/1962: il datore di lavoro ha la facoltà di richiedere la costituzione della rendita vitalizia per i contributi omessi e prescritti;
  • art. 13, comma 5, legge n. 1338/1962: il lavoratore, in caso di inerzia del datore di lavoro, può sostituirsi a quest’ultimo e procedere alla richiesta di costituzione della rendita vitalizia;
  • art. 13, comma 7, legge n. 1338/1962: viene introdotto un nuovo diritto in capo al lavoratore, il quale può chiedere la costituzione della rendita vitalizia esclusivamente a proprie spese, senza limiti di prescrizione.

In sostanza, l’elemento centrale della riforma è l’introduzione di una nuova disciplina (art. 13 co.7 L. 1338/1962) che consente al lavoratore di chiedere la costituzione della rendita vitalizia a proprie spese anche dopo la prescrizione dei contributi. In particolare, l’articolo 30 della legge modifica l’articolo 13 della Legge 1338/1962, introducendo il comma settimo, che stabilisce che, anche dopo la prescrizione della possibilità di richiedere la rendita vitalizia a carico del datore di lavoro o in sua sostituzione, il lavoratore può comunque chiedere la rendita vitalizia a proprio carico.

Il lavoratore che intende avvalersi del diritto alla costituzione della rendita vitalizia deve presentare apposita domanda all’INPS, corredata dalla documentazione probatoria necessaria a dimostrare l’esistenza del rapporto di lavoro e l’omissione contributiva da parte del datore di lavoro.

Tra le prove ammesse rientrano: contratto di lavoro, buste paga, testimonianze, dichiarazioni fiscali, comunicazioni aziendali, verbali ispettivi.

Nel caso in cui non esista alcuna documentazione o prova dell’esistenza del rapporto di lavoro, purtroppo, non è possibile procedere né alla segnalazione contributiva né alla costituzione di rendita vitalizia.

In assenza di elementi oggettivi che attestino l’attività lavorativa svolta, l’INPS non potrà procedere all’accredito dei periodi mancanti.

Alla luce di quanto illustrato, è evidente che la miglior tutela per ogni lavoratore resta quella di controllare con periodicità il proprio estratto conto contributivo, verificando la corretta registrazione dei periodi lavorativi e dei contributi versati.

Intervenire in modo tempestivo su eventuali anomalie o omissioni consente di evitare complicazioni future, soprattutto in prossimità della pensione, quando i margini operativi per recuperare periodi scoperti si riducono sensibilmente.

La regola d’oro in ambito previdenziale resta sempre la stessa: conservare tutta la documentazione relativa ai rapporti di lavoro (contratti, buste paga, CU, documentazione fiscale), ed effettuare un monitoraggio regolare della propria posizione contributiva.

Un controllo tardivo può infatti trasformare una semplice correzione amministrativa in una questione complessa, costosa o, in alcuni casi, irrisolvibile.

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