Una delle domande più frequenti in ambito previdenziale è: “Posso riscattare un periodo in cui non ho mai lavorato, per renderlo utile ai fini della pensione?”
La risposta è: sì, ma non sempre.
La normativa italiana offre diverse possibilità per recuperare periodi di vuoto contributivo, ma solo se questi periodi rientrano in fattispecie specificamente previste dalla legge.
Vediamo nel dettaglio cosa è riscattabile e quali sono le condizioni da rispettare.
Cosa si può riscattare?
Quando parliamo di “riscatto”, intendiamo la possibilità per il lavoratore di versare un onere economico per recuperare periodi non coperti da contribuzione, ai fini del calcolo della pensione. Tuttavia, non tutti i periodi di inattività sono riscattabili: devono trattarsi di periodi riconosciuti dalla legge come “tutelati”.
Alcuni esempi di periodi riscattabili
• Corso di studi universitari
È sempre riscattabile, purché si tratti della durata legale del corso e si sia effettivamente conseguita la laurea (o comunque si sia stati iscritti). Questo vale anche se non si è lavorato durante quel periodo.
• Congedi non retribuiti
In linea generale, non sono utili ai fini pensionistici, ma alcuni congedi specifici (ad esempio, per assistenza a familiari con disabilità grave o formazione) possono essere riscattati a determinate condizioni.
• Disoccupazione non indennizzata
Qui la normativa prevede margini interessanti, ma occorre prestare attenzione ai requisiti.
Il riscatto dei periodi di disoccupazione non indennizzata
Dal 1° gennaio 1997, è possibile riscattare alcuni periodi di vuoto contributivo dovuti alla disoccupazione non indennizzata, ma solo se rispettano precise condizioni:
1. Presenza dello stato di disoccupazione:
- Iscrizione nelle liste di disoccupazione o
- Presentazione della DID (dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro) presso il Centro per l’impiego.
- Collocazione del periodo da riscattare:
- Deve essere compreso tra due rapporti di lavoro precari (a termine, stagionali, a chiamata, ecc.);
- Non è ammesso il riscatto se il periodo è tra due contratti a tempo indeterminato, né se isolato rispetto alla carriera lavorativa.
Questo significa che, in presenza di contratti discontinui, il lavoratore può riscattare i periodi “di mezzo”, se dimostra che erano coperti da uno stato attivo di disoccupazione.
La pace contributiva: una finestra temporanea da non perdere
Un ulteriore strumento per recuperare i cosiddetti “vuoti contributivi puri” è rappresentato dalla pace contributiva, introdotta in via sperimentale per il triennio 2019–2021 e prorogata per il biennio 2024–2025.
Caratteristiche principali della pace contributiva:
- Permette di riscattare fino a 5 anni complessivi di periodi non coperti da contribuzione né obbligatoria, né figurativa, né da riscatto;
- I periodi devono collocarsi tra il primo e l’ultimo contributo effettivamente versato all’INPS (non devono essere precedenti al primo contributo o successivi all’ultimo);
- Il riscatto è a carico del richiedente e viene calcolato con il criterio della riserva matematica;
- Accesso riservato a chi non possiede alcuna anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, cioè ha iniziato a versare solo dopo il 1° gennaio 1996;
- Il versamento effettuato è interamente deducibile dal reddito IRPEF.
Questa misura è valida solo fino al 31 dicembre 2025 e non è certa una sua proroga, per cui chi rientra nei requisiti dovrebbe valutare rapidamente se approfittarne.
Cosa non si può riscattare
È bene chiarire che non si possono riscattare “periodi a casaccio”, ossia:
- Intervalli di tempo senza alcuna motivazione giuridica o contrattuale;
- Periodi non collegati a uno stato di disoccupazione formalmente riconosciuto;
- Fasi della vita non documentabili sotto il profilo lavorativo o amministrativo.
Il principio generale è che il riscatto è ammesso solo in presenza di una cornice normativa che lo consenta.
Conclusioni
Recuperare i periodi non lavorati è possibile, ma non in modo indiscriminato. Gli strumenti principali per farlo sono:
- Il riscatto dei periodi tutelati (come l’università o la disoccupazione non indennizzata tra lavori precari);
- La pace contributiva, per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995 e ha vuoti contributivi tra un impiego e l’altro.
In entrambi i casi, è fondamentale rispettare scadenze, requisiti formali e documentali, ed è consigliabile avvalersi di un consulente previdenziale per valutare la propria situazione personale e i costi/benefici delle diverse opzioni disponibili.