La storia del risparmiatore che annotava tutto sul retro dei santini
C’è un’Italia economica che non si vede. Non frequenta i talk show, non si infila nei convegni della consulenza patrimoniale, non usa le app dei robo-advisor. Eppure è lì, ogni giorno, a reggere pezzi interi di sistema produttivo e familiare.
Non ha bisogno di strategie ESG, né di commissioni di performance. Ha qualcosa di più raro: una disciplina antica, personale, silenziosa.
Due figure, in particolare, raccontano meglio di mille indagini ISTAT cosa sia davvero il rapporto tra italiani e denaro: l’imprenditore che non tocca mai il conto titoli, e il risparmiatore che annotava tutto sul retro dei santini.
Due modi diversi di affrontare la finanza: uno con distacco, l’altro con devozione. Entrambi con un senso profondo del limite.
Il conto titoli intoccabile
Lui ha 62 anni, una Srl che produce carpenteria leggera e un commercialista che lo chiama ogni venerdì. Nel 2009 ha venduto un capannone ereditato, 370mila euro.
Li ha messi in un conto titoli presso la sua banca storica. Da allora, non ha mai venduto, mai spostato, mai toccato. “Quei soldi sono per l’imprevisto. L’imprevisto vero. Il tumore, la guerra, o quando Dio chiama”, dice con semplicità.
Il suo portafoglio è un mix involontariamente conservatore: Enel, Eni, qualche obbligazione bancaria, due ETF consigliati dal figlio. Ma non è l’asset allocation a renderlo interessante: è la filosofia sottostante.
Lui non è un investitore, è un custode. Il conto titoli è come un’estensione della dispensa: serve per i tempi di carestia, non per giocare a moltiplicare pani e pesci.
I santini contabili
Lei ha 78 anni, vive in provincia, e ha cresciuto tre figli con lo stipendio da centralinista e le indennità del marito.
Ogni spesa sopra le 10.000 lire prima, 50 euro poi, veniva annotata sul retro dei santini. Sant’Antonio per la rata dell’auto. Santa Rita per il dentista. Santa Lucia per il frigorifero nuovo. “Così non perdevo il conto, e i santi mi benedicevano due volte”, racconta con ironia e lucidità.
Nel cassetto conserva ancora una scatola con decine di santini piegati e annotati. Una sorta di prima nota mistica, che mescola devozione e controllo. A modo suo, è stata un’antesignana dell’educazione finanziaria domestica.
La distanza tra il Pil e il vissuto
Queste due figure sembrano folcloristiche, quasi caricaturali. Eppure, rappresentano una frattura vera tra l’economia che si studia e quella che si vive.
Nel linguaggio dei consulenti si parla di diversificazione, orizzonte temporale, rischio. Nella pratica di milioni di italiani si parla di paura, sacrificio, rispetto, silenzio. Chi custodisce senza toccare. Chi controlla ogni spesa come fosse una preghiera.
Non sono ingenui, sono figli di un’etica del risparmio che il marketing moderno ha dimenticato.
La saggezza che non si compra
C’è una forma di intelligenza economica che non nasce dalla competenza tecnica, ma da una relazione antica con il denaro. Una relazione che non cerca rendimenti a doppia cifra, ma resilienza. Che non confonde consumo e investimento. Che non scambia il presente col futuro.
Il risparmiatore che scrive dietro ai santini non ha bisogno di un corso sulla pianificazione finanziaria. Sa che il denaro è energia compressa, da liberare solo quando serve davvero. L’imprenditore che non tocca il conto titoli non è paralizzato. È concentrato sul lavoro, non sul capitale.
Questi personaggi non vanno idealizzati. Ma neppure derisi. Perché, nel loro silenzio, custodiscono una lezione: non tutto ciò che è investito deve essere mosso. E non tutto ciò che è contato è controllato.
Il capitale invisibile
In un’epoca in cui le app ci mostrano i rendimenti in tempo reale e gli algoritmi suggeriscono quando comprare o vendere, tornare a raccontare queste figure non è nostalgia. È resistenza narrativa. È riconoscere che esiste un’economia invisibile, fatta di scelte non appariscenti ma robuste.
L’Atlante Economico nasce proprio per questo: mappare ciò che non compare nei grafici, ma sostiene il Paese ogni giorno. Chi guarda il conto e non lo tocca. Chi scrive tutto dietro a un santino. Chi crede che la finanza sia anche, e forse soprattutto, disciplina morale.