Ti pagheremo in visibilità

Cassiere e cliente con fumetti “ti pagheremo in visibilità” e “contanti o bancomat”

Sei troppo qualificato per essere assunto” ed altre storie

In un mercato del lavoro che si finge meritocratico, ma spesso funziona per esclusione, due frasi tornano con puntualità chirurgica:

“Ti pagheremo in visibilità”. “Sei troppo qualificato per essere assunto”

La prima viene sussurrata ai giovani. La seconda è riservata a chi ha superato i quaranta.

Entrambe mascherano un identico meccanismo: la svalutazione del lavoro quando diventa scomodo, troppo competente o semplicemente troppo umano.

L’Atlante Economico di GrifoNews non è nato per raccontare l’economia in modo neutro, ma – anche – per non fare sconti. E poche cose oggi fanno più male che vedersi riconosciuti solo sulla carta, ma non nel contratto.


La bugia gentile della “visibilità”

Negli ultimi dieci anni, milioni di freelance e creativi si sono sentiti dire che il compenso per il proprio lavoro sarebbe arrivato sotto forma di “visibilità”.

Articoli, foto, loghi, consulenze, ore di studio e progettazione scambiati con promesse di “grandi opportunità future”.

Ma la verità è che la visibilità è una moneta che funziona solo se hai già capitale.

Se sei sconosciuto, la visibilità non ti paga la bolletta. Se sei noto, sei tu a far salire il valore della committenza.

In mezzo, c’è il deserto.

La dinamica è subdola: ti si chiede di lavorare gratis per un’esposizione che non puoi capitalizzare.

È il capitalismo dell’illusione. Un baratto tossico tra fatica reale e ritorno ipotetico.


Sei troppo qualificato per essere comodo

La seconda frase è più crudele.

“Sei troppo qualificato per questa posizione.”

La si dice con un sorriso, a chi ha un curriculum solido, esperienza, un’età che dovrebbe essere sinonimo di maturità professionale.

Ma ciò che si intende è spesso un’altra cosa:

“Hai troppo pensiero critico per essere gestito facilmente.”

“Costi troppo.”

“Hai personalità, e potrebbe dare fastidio.”

Nel sistema attuale, chi ha competenze non omologabili diventa rapidamente un problema.

L’iperqualificazione viene vissuta come rischio, non come risorsa.

Il risultato? Un esercito silenzioso di ex professionisti lasciati ai margini.

Brillanti ma considerati “inadatti”. Reattivi ma non più giovani.

Una nuova forma di disoccupazione selettiva, che non ha bisogno di licenziare: basta non chiamare mai.


La trappola del potenziale e il culto dell’adattabilità

Viviamo in un’epoca in cui si premia il potenziale, ma si punisce la sostanza.

Ai giovani si chiede flessibilità, agli adulti si nega l’evoluzione.

La parola “adattabilità” è diventata feticcio: più sai piegarti, più sei funzionale.

Ma adattarsi a cosa, esattamente?

Alla mancanza di diritti? Alla sospensione del salario minimo? Alla cultura dell’imprenditore di se stessi, in cui se fallisci è solo colpa tua?

L’economia del lavoro contemporanea non è più progettata per includere, ma per selezionare chi è meno problematico da gestire.

E chi è troppo preparato, troppo sensibile, troppo formato, diventa un’anomalia.


Il lavoro come atto relazionale (e non solo produttivo)

Il punto che raramente si dice è che il lavoro è, prima di tutto, relazione.

Relazione tra persone, tra competenze, tra valori.

Dire “ti pagheremo in visibilità” significa negare il valore della relazione.

Dire “sei troppo qualificato” significa rifiutare un dialogo potenzialmente trasformativo.

In entrambi i casi, si spezza la possibilità di costruire futuro condiviso.

Un Paese che non sa integrare competenza e coraggio, che schiaccia l’esperienza in nome della docilità, è un Paese che prepara la propria crisi.

Non solo economica, ma civile.


Conclusione: ridare dignità al non detto

Atlante Economico nasce per raccontare ciò che sfugge agli editoriali ufficiali.

Non solo numeri, ma esperienze silenziate, frasi ricorrenti che diventano strutture di esclusione.

Ogni volta che qualcuno dice “ti pagheremo in visibilità”, sta erodendo la base contrattuale della società.

Ogni volta che qualcuno si sente dire “sei troppo qualificato”, una generazione intera perde un alleato.

Dare nome a queste frasi, oggi, è un atto politico.

Un gesto di ricostruzione del patto tra merito e riconoscimento, tra lavoro e rispetto, tra futuro e giustizia.

Total
0
Shares
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli collegati
Primo piano di un uomo in abito elegante con mento da CEO in posa riflessiva
Continua a leggere

Il mento da CEO

Il potere ha un volto. A volte ha un mento netto, da CEO che guida e taglia. Altre volte ha occhi trattenuti, da banchiere centrale che osserva e vigila. Due archetipi dell’autorità contemporanea, letti attraverso la mimica, la postura e la comunicazione silenziosa.
Total
0
Share