Gli strumenti finanziari: titoli di Stato e monetari

I titoli di Stato sono strumenti finanziari centrali per il debito pubblico italiano. BOT, BTP, CCT e titoli monetari garantiscono liquidità allo Stato e rendimenti ai risparmiatori, ma comportano anche rischi da valutare attentamente.
Mani femminili che tengono fascicoli di titoli di Stato e monetari italiani

Gli strumenti finanziari emessi da aziende private hanno un ruolo centrale nei mercati, ma i protagonisti assoluti, per quantità e rilevanza, sono i titoli di Stato. Quando un Paese si finanzia, mette in vendita un pezzo del proprio debito pubblico: chi compra questa particolare forma di obbligazioni presta denaro alla collettività, ricevendo in cambio la promessa di un rimborso con interessi. Cominciamo dalle basi.

Definizioni

I titoli di Stato sono collocati allo scopo di reperire risorse sul mercato. Rappresentano una passività che lo Stato contrae con risparmiatori e investitori istituzionali, ai quali si impegna a restituire capitale e interessi.

I titoli monetari

Rientra nel già citato elenco di strumenti finanziari anche la categoria dei titoli monetari, caratterizzati dalla brevissima durata, pari o minore di un anno. Sono usati per gestire esigenze temporanee di liquidità, sia da parte di enti pubblici, sia da società e, soprattutto, banche. Ecco i principali:

BOT (Buoni Ordinari del Tesoro), titoli governativi a 3-12 mesi, privi di cedola, il cui rendimento deriva dallo scarto di emissione: si acquistano sotto la pari e si riscuotono a 100 alla scadenza;

Commercial papers, tipici del mondo corporate, soddisfano necessità immediate di cassa (qualche settimana);

Certificati di deposito, utilizzati dalle banche per raccogliere fondi dai risparmiatori, garantiscono un interesse predefinito e una restituzione a breve termine;

Pronti contro termine, prestiti garantiti da titoli, con scadenze variabili (da un giorno a 3 mesi) e importi elevati.

Per gli investitori gli strumenti monetari costituiscono un’opzione liquida, agile e dal rischio contenuto, benché la remunerazione sia in genere modesta.

Finalità

Perché uno Stato emette obbligazioni? La risposta comporta una digressione sull’operatività della macchina pubblica. Uno Stato moderno svolge una pluralità di funzioni e fornisce un gran numero di servizi fondamentali: pensioni, stipendi dei dipendenti statali, sanità e assistenza alle fasce più deboli, tutela dell’ordine e della sicurezza, amministrazione della giustizia, trasporti, infrastrutture, smaltimento dei rifiuti, istruzione e cultura. Tutto questo ha un costo, sostenuto prevalentemente dagli introiti fiscali: imposte, tasse e contributi. Quasi mai, però, il gettito tributario è sufficiente a coprire gli esborsi.

Si origina in questo modo un deficit tra entrate e uscite. Per colmarlo lo Stato si indebita, chiedendo un prestito a chi è disposto a concederlo, in cambio di un rendimento periodico. La circostanza non è di per sé patologica: le famiglie ricorrono al credito per affrontare spese consistenti e le imprese fanno altrettanto per espandersi. Tuttavia, se il debito si dilata in maniera eccessiva ed è improduttivo, cioè non ne consegue uno sviluppo economico, può diventare un peso difficile da sopportare.

Tipologie

Attenendoci al contesto italiano, è il MEF (Ministero dell’Economia e delle Finanze) a collocare categorie di titoli diversi per scadenza e procedure di remunerazione. Queste sono le quattro prioritarie, ciascuna con taglio minimo da 1.000 euro:

BOT (Buoni Ordinari del Tesoro): sono di breve termine (3, 6, 12 mesi) e non prevedono cedole. L’investitore guadagna dalla discrepanza tra il prezzo di acquisto e di rimborso;

BTP (Buoni del Tesoro Poliennali): sono i più diffusi e formano l’ossatura del debito italiano. Hanno scadenze variegate, da 3 a 50 anni, e corrispondono cedole fisse semestrali;

BTP Italia e BTP Futura: versioni recenti, studiate per il mercato retail, con caratteristiche peculiari. I primi sono indicizzati all’inflazione; i secondi hanno cedole a tasso crescente (la modalità è detta step-up) e pagano premi fedeltà per chi li porta a conclusione;

CCT (Certificati di Credito del Tesoro): hanno durata fissa (7 anni) e cedole semestrali agganciate ai tassi di mercato.

Affidabilità

Come le imprese, anche gli Stati sono sottoposti al vaglio dalle agenzie di rating in merito alla loro solidità creditizia. Una nazione ben amministrata, orientata alla crescita e con disavanzo ridotto sarà ritenuta meno rischiosa, al contrario di un’economia che stenta a progredire, possiede scarse risorse ed è oppressa da un forte passivo. La scala di valutazione parte da AAA, la pagella ottimale, con bassissime probabilità di non onorare il prestito. Fino a BBB (l’Italia è in questa fascia) il debito è di buona qualità (investment grade) e l’impiego prudente. Nella soglia inferiore i titoli vengono giudicati speculativi, il rischio sale e l’interesse riconosciuto aumenta.

Fattori di rischio

Investire in bond governativi non è esente da insidie. Le più significative sono le stesse che incombono sulle obbligazioni corporate. Le ricordiamo in rapida rassegna:

Rischio sovrano: la possibilità, seppur remota, che lo Stato non restituisca il prestito. L’insolvenza degli emittenti è un evento raro, per quanto nell’ultimo quarto di secolo le eccezioni non siano mancate (Argentina, Islanda o Venezuela in primis).

Rischio di mercato: variazioni dei tassi d’interesse incidono sul valore dei titoli già in circolazione;

Rischio di inflazione: l’incremento dei prezzi riduce il potere d’acquisto complessivo;

Rischio di cambio: si presenta quando la valuta di riferimento è diversa dall’euro.

Spread

Il vocabolo entra nel linguaggio comune dopo la crisi del debito sovrano del 2011. Lo spread indica la differenza di rendimento tra i titoli di Stato decennali di un Paese e quelli considerati più sicuri, i Bund tedeschi di identica durata. Nel novembre 2011 il dislivello tra BTP e Bund, toccando i 552 punti base, scatena grandi timori sulla tenuta dell’Italia nell’Eurozona. Tale parametro è, dunque, il termometro della fiducia degli investitori: più si amplifica, più l’onere del debito si innalza.

Conclusione

I titoli di Stato (e quelli monetari) sono essenziali per il funzionamento della pubblica amministrazione. Soddisfano il fabbisogno contabile degli enti governativi, garantendo continuità alla loro azione. Al contempo, offrono un’opportunità di impiego per i risparmiatori, i quali, prestando denaro allo Stato, ricevono come contropartita un interesse.

L’Italia si carica sulle spalle un fardello pesante: un passivo che attualmente supera i 3.000 miliardi di euro (e ammonta a circa il 137% del Pil). Decenni di spesa fuori controllo, aggravata da crisi economiche, rigidità strutturali e crescita inadeguata, hanno comportato un enorme limite ai margini di manovra della politica economica, rendendoci vulnerabili agli umori dei mercati.

Conoscere i meccanismi che regolano il debito pubblico non è, pertanto, un semplice esercizio teorico, ma un presupposto indispensabile per comprendere appieno le dinamiche che influiscono sul futuro del nostro Paese.

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