Quando vanno in pensione i medici?

Pensione medici: non esiste un’unica età. ENPAM e INPS prevedono requisiti diversi tra liberi professionisti, dipendenti SSN e privati. Ecco regole, limiti e novità.
Medici in ospedale con collega anziano in primo piano – pensione medici

In questi ultimi mesi si è molto discusso del limite massimo di età per l’uscita dal lavoro dei medici. Alcuni titoli parlano di pensionamento a 72 anni, altri addirittura ipotizzano un innalzamento a 73 anni. Ma come stanno realmente le cose? Davvero tutti i medici devono restare in servizio fino a quell’età? La risposta, come spesso accade in ambito previdenziale, è: dipende. E dipende soprattutto dal tipo di attività svolta e dalla gestione previdenziale a cui il medico è iscritto.

Vediamo allora di fare ordine e fornire un quadro chiaro e aggiornato sulle possibilità di pensionamento per i medici, con tutte le variabili del caso.

Non tutti i medici seguono lo stesso percorso professionale: alcuni sono liberi professionisti, altri dipendenti pubblici o privati, altri ancora combinano più attività. Di conseguenza, anche il regime previdenziale cambia, e con esso cambiano le modalità e l’età di accesso alla pensione.

In generale, le principali gestioni previdenziali dei medici sono:

  • ENPAM (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Medici e degli Odontoiatri), per i liberi professionisti e i convenzionati
  • INPS – Gestione Pubblica, per i medici dipendenti del SSN (Servizio Sanitario Nazionale)
  • INPS – Gestione Privata, per i medici dipendenti da strutture sanitarie private o aziende

Ciascuna di queste gestioni ha regole differenti in merito ai requisiti per la pensione di vecchiaia, anticipata o in caso di invalidità.

I medici iscritti all’ENPAM

Per i medici iscritti all’ENPAM, esistono due principali modalità di pensionamento:

     1.   Pensione di vecchiaia ordinaria

È accessibile a 68 anni di età, con almeno 35 anni di contributi. In alternativa, si può accedere a 65 anni, ma l’importo sarà calcolato integralmente con il metodo contributivo, quindi tendenzialmente più basso.

     2.   Pensione di vecchiaia posticipata

È possibile rimanere in servizio oltre i 68 anni per aumentare l’importo della pensione, purché si continui a versare i contributi. Questo vale soprattutto per chi ha iniziato tardi l’attività professionale o ha periodi contributivi frammentati.

I medici dipendenti pubblici (SSN)

Per i medici dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale, la gestione previdenziale è quella INPS ex INPDAP. In questo caso, i requisiti sono uguali a quelli previsti per gli altri lavoratori pubblici:

  • Pensione di vecchiaia a 67 anni, con almeno 20 anni di contributi.
  • Pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi (per gli uomini) o 41 anni e 10 mesi (per le donne), indipendentemente dall’età anagrafica.
  • Pensione anticipata contributiva a partire da 64 anni, riservata a chi ha iniziato a versare contributi solo dopo il 31 dicembre 1995 (senza contributi antecedenti).

Tuttavia, il discorso cambia per quanto riguarda il trattenimento in servizio. È possibile, su richiesta del dirigente medico e previa autorizzazione, rimanere in servizio fino a 70 o 72 anni, in base alle esigenze del SSN e alla valutazione del dirigente responsabile. Questo non è un obbligo, ma una possibilità per i medici che intendono proseguire l’attività lavorativa.

Negli ultimi mesi si è aperto il dibattito politico sull’eventuale innalzamento a 73 anni del limite massimo per trattenere in servizio i medici, al fine di sopperire alla carenza di personale sanitario. Tuttavia, al momento non esiste ancora una norma in vigore che lo stabilisca.

I medici dipendenti da strutture private

Per i medici che lavorano nel settore privato e sono iscritti all’INPS – Gestione lavoratori dipendenti, valgono le regole ordinarie previste per tutti i lavoratori del settore privato:

  • Pensione di vecchiaia a 67 anni con almeno 20 anni di contributi;
  • Pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 mesi per le donne);
  • Pensione anticipata contributiva a 64 anni, per chi ha solo contributi successivi al 1995;
  • Pensione anticipata per invalidità, accessibile anche a 57 anni per le donne con invalidità pari o superiore all’80%.

Inoltre, i medici del settore privato possono accelerare il raggiungimento dei requisiti contributivi anche mediante il riscatto della laurea e degli anni di specializzazione, operazione spesso molto utile per ottenere un’uscita anticipata.

Non esiste un’unica risposta

Come emerge chiaramente da questa panoramica, non esiste un’unica età di pensionamento per i medici. Tutto dipende dal loro inquadramento, dalla gestione previdenziale a cui sono iscritti, dalla continuità contributiva, dall’età e anche da eventuali situazioni di invalidità.

Il mito del medico obbligato ad andare in pensione a 72 o 73 anni non regge a un’analisi tecnica e normativa approfondita.

Chi desidera capire quando e come potrà andare in pensione deve necessariamente affidarsi a un consulente esperto, in grado di valutare ogni variabile, incrociare i dati assicurativi, analizzare eventuali periodi riscattabili o silenti, e costruire una pianificazione previdenziale personalizzata.

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